Menu
News / Pubblicazioni

Alla scoperta del… Borgolauro

Muggia e il suo territorio circostante costituiscono l’unica parte della penisola istriana entro i confini italiani. Le peculiarità geografiche, naturalistiche e l’appartenenza storico-culturale pongono la cittadina di Muggia in linea con l’eredità veneta delle altre cittadine della riviera istriana. Muggia, detta “Muia” nella maniera popolare, deve il suo nome all’arcaico Mugla: questo termine indica una striscia di terra paludosa in costa, dal terreno acquitrinoso ed alluvionale, che si situava anticamente sul fondo della valle individuata tra il colle di S. Barbara e quello di Muggia Vecchia.

Un tempo la valle dov’è situata Muggia era detta valle del Fugnàn: questo era il torrente che trasportando detriti e materiali alluvionali, ha creato un terrapieno su cui anticamente si è costituito il piccolo borgo. Questo si situava inizialmente, e in maniera più circoscritta, sulle pendici della collina sul versante della sinistra orografica, denominato colle Monte Albano, identificato col nucleo storicamente più antico della Muggia odierna. Da questo versante della valle, a salire, si raggiunge molto più in alto Muggia Vecchia, che rappresenta il nucleo originario tardo-romano di Muggia, che ora tutti identificano col borgo in riva al mare. Il castrum fortificato di Muggia Vecchia, arroccato sulla collina, perse nei secoli la sua importanza a favore del burgus marinaro, che venne chiamato Borgolauro. È questo il nome storico più conosciuto della cittadina rivierasca, poiché rimanda alle suggestioni derivate dai boschi di lauri (alloro) che si pensa ricoprissero le pendici dei colli circostanti.

Il Borgolauro di Muggia rappresenta oggi uno dei pochi nuclei storici italiani rimasti inalterati nella struttura urbanistica complessiva del tessuto viario e in parte in quella edilizia, con il suocaratteristico mandracchio (porticciolo), antico accesso alla cittadina. Il nucleo originario ha resistito ai rimaneggiamenti successivi, mantenendo soprattutto nella struttura viaria ed urbanistica del centro storico la sua impronta medievale.

Muggia viene nominata per la prima volta nel 931 d.C., quando il castrum viene donato al patriarca d’Aquileia. Nel corso dei secoli le aspirazioni autonomistiche dei muggesani si manifestarono frequentemente contro il patriarcato, così come segnalato dai frequenti ricorsi dei cittadini alle restrizioni imposte circa l’elezione del rettore. Nel 1202 il doge veneziano Enrico Dandolo, diretto in Terrasanta, venne accolto in pompa magna da sacerdoti e dignitari muggesani, con gran spiegamento di torce accese e suon di campane. La cittadina s’impegnò con la Repubblica di Venezia a proteggere il transito marittimo lungo le coste istriane, e come atto di sudditanza, era tenuta a trasportare ogni anno fin sulla soglia del palazzo ducale, il giorno di S. Martino, 25 otri del suo vino migliore.

È in questo periodo che inizia a svilupparsi il burgus lauri: nel 1263 venne consacrata la nuova chiesa dedicata ai santi Giovanni e Paolo, che non venne annessa alla giurisdizione della chiesa del castrum sul colle (Muggia Vecchia), ma proclamata “indipendente”: questo attestò l’autonomia oramai consolidata di Muggia dal suo nucleo originario di Muggia Vecchia.

Muggia conoscerà poi alterne vicende, che la vedono ricondotta alla dominazione patriarchia. In memoria delle alterne vicende di Muggia, si ricorda il muggesano Raffaele di ser Steno, filoveneziano, che nel 1372 suscitò tumulti fino a tenere in mano la cittadina con la forza per quasi due anni. Questo indusse il patriarca Marquado di Randeck ad intervenire personalmente per riprenderla, e convincendolo a costruire il castello (opera iniziata nel 1375) per poterla presidiare con una guarnigione di stanza permanente.

La definitiva sottomissione di Muggia a Venezia avverrà solo nel 1420, con un atto di dedizione volontaria, dovuta alla perdita di potere temporale del Patriarcato d’Aquileia. Dal suo canto, Venezia non permetterà a Muggia di eleggere il proprio podestà, pur acconsentendo al mantenimento delle norme locali in materia civile.

Il castrum originario di Muggia Vecchia appare oramai di scarso interesse strategico, dal momento che gli interessi economici si sono concentrati nel borgo a valle, ed un incendio appiccato dai triestini nel 1353 ne sancisce il definitivo declino. Nel XV sec. si configura una demarcazione ben precisa tra i territori muggesani e quelli triestini, costituita dal torrente Rosandra e fino alla foce, segnalando al contempo anche la giurisdizione delle saline di Zaule.

Gli anni che seguirono videro guerre e assedi dell’Austria contro la Muggia veneziana: il valoroso cittadino Giovanni Farra, detto Bombizza, arrivò a distinguersi nelle battaglie del 1510, meritandosi una lapide in suo onore nel Duomo, e in tempi più recenti l’intitolazione di una calle del borgo.

Nel frattempo i muggesani si rivoltarono contro la stessa Venezia: la volontà della Repubblica di estirpare il costume del contrabbando del sale, per consolidare il suo monopolio commerciale portò ad uno scontro nel 1637 e ad un bagno di sangue. Oltre all’agricoltura e alla pesca, infatti, furono le saline a costituire la prima fonte di ricchezza di Muggia. Le saline si trovavano allora nella zona detta “Palù” (antico toponimo di “palude”) situate subito fuori delle mura di levante del borgo cittadino, poi nella valle di San Bartolomeo o San Bortolo, e ancora nella Valle delle Noghere (valle di S.Clemente), e infine nella zona di Zaule- Stramare, limitatamente alla porzione segnalata dal torrente Rosandra, a fianco di quelle dei triestini.

La città cominciò a conoscere la sua decadenza a seguito dell’indebolimento della Repubblica di Venezia. Con la sua caduta nel 1797, e col trattato di Campoformido, passò sotto la dominazione dell’Impero asburgico (eccezion fatta per brevi intermezzi di presenza francese). L’istituzione del porto franco di Trieste ad opera di Carlo VI avviò il decollo del porto triestino, a svantaggio della cittadina. Altri cambiamenti sul piano geopolitico portarono poi alla chiusura delle saline muggesane del 1829: in seguito a prelievi di sale particolarmente abbondanti lungo l’Adriatico e a errori di programmazione dell’estrazione, il governo austriaco fu costretto a chiudere quelle di Servola, Zaule e Muggia facendo sprofondare l’economia muggesana in una grave crisi economica, che si attenuò solo con il recupero dell’attività di estrazione della pietra arenaria.

Una certa ripresa venne stimolata dalla costruzione del cantiere navale di san Rocco per iniziativa del triestino Giorgio Strudthoff, che comprò il terreno di destinazione del cantiere con l’originale clausola di ripristinare e ricollocare le campane della omonima chiesetta limitrofa entro tre mesi dall’acquisto, pena la risoluzione del contratto.

Muggia entra così nell’era moderna: alla fine della prima guerra mondiale Muggia viene annessa al regno d’Italia; al termine del secondo conflitto mondiale conoscerà un’alternanza di occupazioni, da quella tedesca a quella jugoslava ed angloamericana. Il cantiere navale non subirà danni rilevanti ma conoscerà una progressiva riduzione dell’attività, anche in relazione alla provvisoria suddivisione del territorio in aree d’influenza anglo-americane per il territorio triestino e jugoslave (Territorio Libero Triestino). Nel 1954 la cittadina viene compresa nei territori della repubblica d’Italia, che il 29 agosto 1986 le ha concesso la medaglia d’argento al valor militare quale riconoscimento per la sentita partecipazione dei suoi abitanti alla Resistenza.

Nel dopoguerra, la vocazione industriale riprende con la nascita di nuovi cantieri navali e con la ripresa dell’attività estrattiva nelle cave di pietra arenaria. Nel 1992 le cave di S. Barbara sono state riaperte dalla società Renice che ha riavviato l’estrazione e l’attività di lavorazione dell’arenaria (indicata col termine “masegno” nel dialetto locale).

Chiara Urbani *

*Insegnante e dottore di ricerca – pubblicista di articoli di divulgazione su cultura e territorio.

No Comments

    Leave a Reply