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Dal Piemonte all’Istria (vacanze muggesane)

Riportiamo l’affettuoso resoconto di viaggio di Gabriella, appassionata giornalista e scrittrice, amante dello sport e della bici in particolare. Interessata da sempre ai temi sociali e ai movimenti migratori, è giunta alle porte dell’Istria con la sua bicicletta rossa, inseparabile compagna dei suoi viaggi per trascorrere una settimana a cavallo del confine orientale.

 

Dove vai in ferie? È la domanda che corre da un ufficio all’altro fin dai primi di luglio.

Io le ferie le faccio sempre a settembre e me lo sono sentito chiedere per due mesi.

“A Muggia” rispondevo. Vedevo facce stupite: “Muggia? In Puglia?” “Muggia? In Sardegna?”

No, Muggia è in Venezia Giulia, l’unico comune italiano dell’Istria, chiude il porto di Trieste e anch’io non è da molto che so che esiste. Ivrea, dove abito, è lontana, così come Torino dove lavoro. E Muggia è una sconosciuta.

Ma quando ho scoperto i muggesani di Viaggiare Slow mi è scattata subito la voglia di andarci, di scoprire zone diverse da quella in cui vivo. A Trieste ero soltanto passata un giorno, durante un soggiorno a Portogruaro per il Ciclomundi e ci tornavo volentieri. Ma era Muggia il vero obiettivo, il Carso, la Slovenia, la voglia di “andare all’estero” a cavallo della mia bicicletta.

Il viaggio è stato lungo: le ferrovie dello stato italiano sembra si divertano (o si divertono davvero?) a rendere quasi impossibile la vita di chi vuole fare il treno+bici. Ma per fortuna ho la testa dura e, in sella e con lo zaino in spalla, sono passata da un treno all’altro e ce l’ho fatta.

Ultimo degli otto segmenti del mio viaggio, tutto rigorosamente su treni regionali perché gli altri i ciclisti non li possono prendere (Ivrea-Chivasso, Chivasso-Milano, Milano-Cremona, Cremona-Mantova, Mantova-Verona, Verona-Mestre, Mestre-Trieste in treno), è stato l’attraversamento del porto di Trieste sul Delfino verde. E finalmente Muggia!

Sono sbarcata in questa cittadina di mare, un mare completamente diverso da quello delle vacanze, con la spiaggia, i bambini che corrono dietro a un pallone mentre i genitori prendono il sole. Qui il mare è lavoro, barche di pescatori, traghetti e petroliere e i bambini giocano in piazza, sono tantissimi e scorrazzano in bici, in monopattino, correndo felici come in un film di altri tempi. Bellissimo!

Ho posato il bagaglio all’hotel dal nome più letterario che si possa immaginare. Ho salutato il titolare, persona gentile sotto uno sguardo burbero e gli ho chiesto dov’era la Stazione delle biciclette. Di fronte, appena pochi passi, dove prima c’era un distributore di benzina, proprio sul mare.

E lì ho trovato persone che mi è sembrato di conoscere da sempre, che mi hanno accolta come un’amica che lì è di casa. Dieci biciclette allineate appena fuori, qualche vaso di fiori, cartine, libri, computer e magliette della “Parenzana”. Intorno, un paesaggio che invitava a pedalare, a respirare un’aria diversa, a portare la bici a brucare altri campi.

E ci siamo (io e la bici) buttate a macinare chilometri, su strade bianche, piacevoli saliscendi, boschi, segnalazioni di percorsi ciclabili, qualche salita un po’ più impegnativa e qualche discesa ma non delle più difficili (ho questo problema: ho paura delle discese, mi annoio in pianura e per fortuna che mi diverto un mondo ad andare in salita, altrimenti in bici non ci andrei proprio!)

Con Fabrizio, il capostazione della Stazione delle biciclette, abbiamo fatto un bellissimo giro in Slovenia, abbiamo mangiato dell’ottimo pesce a Isola d’Istria/Izola, tra mare, boschi, città, paesi e dopo 85 chilometri non ero per niente stanca ma felice di aver scoperto che esiste un mondo in cui i ciclisti possono pedalare senza la paura di essere investiti a ogni curva.

Per andare a Draga Sant’Elia, invece, si percorre una ciclabile sterrata realizzata sul percorso di una vecchia ferrovia. Una salita poco faticosa e molto bella, qualche galleria e tanta natura. Poi, alla trattoria di Mario, gnocchi con sugo di cinghiale (allevato, non sparato, altrimenti avrei preso altro, visto che sono contraria alla caccia): una squisitezza!

Mauro ha una pizzeria a Muggia e tifa Toro. Gli amici muggesani me lo hanno subito segnalato e, sempre con la mia bici rossa, sono salita fin lassù. Certo, perché da buon tifoso del Toro (siamo nati per soffrire) la sua pizzeria l’ha piazzata a un chilometro dal centro di Muggia, un chilometro di salita di quelle veramente serie. Sono arrivata con la lingua penzoloni ma l’accoglienza e l’ottima pizza mi hanno fatto dimenticare la fatica. Baci, abbracci e Forza Toro!

Quando ho deciso di spingermi in Slovenia da sola, senza la preziosa guida di Fabrizio, ho fatto un po’ di pasticci, sono finita su strade non ciclabili, ritrovandomi poi, però, sulla giusta via, riperdendomi e ritrovandomi grazie a quello che deve essere una specie di navigatore interno. Ho mangiato un panino nella trattoria di una signora brontolona ma simpatica che poi mi ha anche indicato la strada (mi ero persa un’altra volta, grazie alla mia inguaribile distrazione).

Trieste, questa volta, ho avuto tempo per visitarla meglio. Sono andata al Castello di Miramare (tutta ciclabile da Trieste), sono tornata a san Giusto e ho preso il tram di Opicina, un trenino che si inerpica su per la montagna, molto simile a quello per raggiungere Superga a Torino. Di lì, sono andata verso est, sull’altipiano del Carso, e mi sono ritrovata di nuovo a Draga sant’Elia. Ma questa volta non ho pranzato lì: avevo mangiato, a Basovizza, una carsolina, un dolce delizioso di pasta sfoglia e crema che ti dà energia per almeno 200 chilometri.

Dopo ogni giro, al ritorno a Muggia, felice per i chilometri percorsi, una doccia e una visita alla Stazione: Fabrizio, Elisabetta e la sua pestifera Bianca, Cesare, Vanessa e la dolcissima Nicole, Marcello, ogni sera trovavo qualcuno, poi aperitivo in piazza con la coreografia dei bambini che corrono e strillano, cene deliziose e tanto sole dopo un’estate di piogge.

Sono stata benissimo, tornerò sicuramente, almeno per fare tutta la Parenzana ma soprattutto per incontrare di nuovo persone e luoghi che, appena partita, mi mancavano già.

G.B.

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